ALTRE CHIESE DEL CAPITOLO

CHIESA DEL GESU’

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Fu edificata in unico ambiente  per volontà della nobildonna Balsama Lupi, “ proprio aere”, e consacrata da monsignor Domenico Cennini nel 1645 come si legge in una iscrizione collocata esternamente. 

 La famiglia Lupis o Lupi, di probabili origini  franco – germaniche e con protome di  lupo rampante nell’arma, è presente in Puglia già nel  XII secolo a Giovinazzo e nel 1282 è annoverata tra le famiglie nobili di Molfetta  come risulta dal registro di Carlo I d’Angiò. 

A Gravina è attestata nel XVI secolo con Federico, studioso delle lettere umanistiche, e Giovanni suo fratello noto giureconsulto del Regno di Napoli.

 Nel 1556 Giacomo, le  cui spoglie mortali sono collocate ad un lato dell’altare della decollazione nella chiesa di san Nicola, fece dono al capitolo cattedrale di alcune stanze nei pressi della porta “de suso” (oggi porta Aquila).

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Chiesa di S. BARTOLOMEO

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Fronteggiante il complesso rupestre di San Michele, La chiesetta dedicata a S. Bartolomeo si staglia su una terrazza ai piedi del rione Civita con la sua bella e semplice facciata scandita da quattro lesene al centro della quale, sovrastante il portale, è la statua del Santo Apostolo protettore della pelle e di antichi mestieri legati alla lavorazione della stessa. La chiesa fu prima in una antica grotta con adiacente un antico ospedale, curato dall’omonima confraternita di S. Bartolomeo (esiste un beneficio datato dal 1484), successivamente venne costruito una piccola aula in tufo, ampliata sotto l’episcopato di mons. Cavalieri, a spese del Canonico Manera suo segretario, nel 1703. Questi aveva intenzione di creare un conservatorio per una comunità monastica ma non riuscì a  portare termine il progetto per la sua morte. Il completamento dell’edificio venne realizzato dalla Confraternita dei Sette dolori prima del suo trasferimento presso la chiesa della S.S. Annunziata al Borgo. Pare che già al tempo della visita apostolica del card. Vincenzo Maria Orsini del 1714 l’attuale edificio constasse, tra gli arredi, di una statua raffigurante l’Addolorata, oltre a diverse suppellettili sacre che impreziosivano un interno semplice a navata unica e un solo altare, una sacrestia e diverse pertinenze. Resta tuttavia una preziosa testimonianza della devozione della comunità dei fedeli che attorno a essa si raccolse in preghiera.

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CHIESA DELL’ANNUNCIAZIONE

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Situata in via Borgo e più nota come Chiesa dell’Addolorata, è una delle più antiche chiese di Gravina. Certamente è stata costruita nella seconda metà del ‘400 dal Capitolo Cattedrale come si può leggere dalla presenza dell’arma apposta sul portale esterno. E’ menzionata in una pergamena del 20 novembre 1491, attestante che don Martino de Schinco e Stefano de Vernicato si impegnarono a mantenere in comune il possesso del beneficio della SS. Annunciazione.

Ad unica navata, ha un pregevole soffitto coperto da rose canine in rilievo, segno che fu oggetto di interventi da parte della  famiglia Orsini. In alto a sinistra sul cornicione soprastante la cappella dedicata all’Annunciazione è incisa l’iscrizione:

NUMINIS  HIC PIETAS, MARIAE SATUS, ATQVE REDEMPTOR

ORBIS ADEST COELIS, ET GABRIELIS HONOS 1554

Qui  la pietà della maestà divina,  il seme di Maria e il redentore del mondo che è nei cieli, e l’onore di Gabriele 1554. Nella sua Visita Pastorale del 1639 il vescovo Filippo Cansacchi (1636-1644) menziona, oltre all’altare maggiore,  un secondo altare dedicato all’Annunciazione della Madonna. Nel 1686 il vescovo Domenico Valvassori (1686-1689)  parla di un dipinto sull’altare maggiore con la Vergine in preghiera e l’arcangelo Gabriele che le annuncia il mistero dell’Incarnazione, e di un altro altare con  l’immagine della Vergine tra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista. Nella visita apostolica del 1714 il  cardinale Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, rileva uno stato d’abbandono tale da costringerlo ad ordinare il trasferimento delle  celebrazioni nella chiesa Cattedrale fino a quando non si fosse realizzato il necessario intervento di restauro, ultimato nel 1717 con la ricostruzione dell’antico altare maggiore da parte del Capitolo Cattedrale e la dedicazione alla Madonna Annunziata. Al Vescovo Cesare Francesco Lucini (1718-1725)  si deve la sistemazione sullo stesso altare di un riquadro affrescato asportato dalla chiesa rupestre di Santa Maria La Nova così descritta dal Cardinale Orsini:    “È questa Chiesa una profonda grotta umidissima, e senza lume, luogo perciò indecentissimo per celebrarvi il divinissimo sagrifizio della Messa: quindi ordiniamo, che si abbatta lo Altare”

Particolare e suggestivo, l’affresco raffigura una Madonna Tricherousa (a tre mani), variante della Odigitria, la Vergine Maria con il bimbo in braccio da lei indicato come “la via, la verità e la vita”.  La terza mano nella icona della Tricherousa sarebbe stata inserita da Giovanni Damasceno (676-740), strenuo difensore delle immagini sacre, per ricordare il taglio della mano da lui subito ad opera dell’imperatore Leone II, che la fece appendere alla porta di Damasco. Avendola riottenuta da Maria, in segno di riconoscenza, il Damasceno dipinse la terza mano sull’icona da lui composta con significato taumaturgico.