"Lamia dei Morti"

Soccorpo Cattedrale

Soccorpo di Santa Croce

La chiesa sottostante la Basilica Cattedrale, che si apre sulla piazzetta dell’ingresso principale della stessa Basilica,

è denominata “Soccorpo”, “Lamia dei Morti” o “Cemeterio”. Altro nome attestato all’interno delle fonti documentarie settecentesche è quello di “Chiesa di Santa Croce” per via dell’omonima confraternita che ne aveva la cura, fondata da mons. Cavalieri (1690 – 1705) nel 1703. 

La prima testimonianza descrittiva dell’ambiente cimiteriale compare nella seconda visita di Filippo Cansacchi, vescovo di Gravina, negli anni 1639-1640. Lungo tutta la navata centrale e gli spazi laterali sono posizionate lapidi dipinte o in bassorilievo, di vescovi, prelati e altre personalità pubbliche, accompagnate da stemmi e iscrizioni (la più antica porta la data del 1531). I vescovi

sepolti nel Soccorpo sono 8, come attestano le lapidi (con stemmi e iscrizioni cf. AUDC, II W Visite, 41,2,16-18):

Giovanni Angelo Pellegrino (1552-1568); Agostino Cassandra (1614 – 1623); Arcangelo Baldini 1(626 – 1629);

Camillo Olivieri (1731-1758), Nicola Cicirelli (1758-1790), Cassiodoro Margarita (1818-1851); Francesco Saverio Giannuzzi Savelli (1851-1851) e Mario de Luca (1852-1855). Sotto il piano di calpestio esiste una grande fossa, adibita a sepolcreto comune fino a quando il card. Orsini avendolo trovato “pieno di sepolture, parte sfondate, parte con mezze lapidi, e tutte sconciamente distribuite e piene fino alla sommità”, ne ordinò la rimozione, assegnando la parte centrale a sepoltura di prelati. Ridusse le 72 sepolture a 12.

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“Lamia dei Morti” o “Cemeterio” o “chiesa di S. Croce”

Interno della Chiesa

La chiesa è di dimensioni simili a quelle dalla Cattedrale soprastante ed è strutturata in un ambiente rettangolare, a tre navate, scandito da massicci pilastri quadrati e dodici archi a tutto sesto. Le navate
terminano con la presenza di tre distinti altari, di cui quello centrale è dedicato al Crocifisso.
A destra dell’ingresso, collocato all’interno di un fornice, si può ammirare un altare in tufo dedicato a S. Giuseppe e su di esso si poteva ammirare un dipinto con Cristo bambino e accanto S. Gioachino, S. Anna. Nella visita di mons. Cennin si parla del fondatore della cappella Giacomo Palmieri (ADG II W Visite 13 /1620-1246, c. 221) . La lapide che si nota poco distante era l’accesso al sepolcro dei Palmieri.
(cf. Visita Pastorale di mons. Valvassori del 1686). L’altare si trova incastonato tra le due pareti dipinte a fresco, come si deduce dai lacerti pittorici del XVI secolo.
Sui muri della controfacciata è poggiata una Croce in legno con i simboli della Passio Christi, datata verosimilmente all’inizio del XIX secolo. Sotto la volta adiacente è dipinta la bandiera del Regno d’Italia
accompagnata da una data, 1869, dipinta sul bordo destro della raffigurazione.
Sul lato sinistro, in una nicchia, una statua in gesso raffigurante il martirio di S. Tarcisio, opera della bottega Rosa Zanazio e figli, di Roma (fine XIX-inizio XX). 
A sinistra dell’ingresso nell’aula centrale, sul muro, fa bella mostra di sé una lastra in pietra del 1541, con l’epigrafe dedicata ad Emilio Guida, un comandante di cavalleria sotto il principe Carlo V,
appartenente ad una famiglia gravinese di origini fiorentine, deceduto il 1 settembre del 1541. A sinistra un monumento funebre dedicato a mons. Giovanni Angelo Pellegrino, vescovo di Gravina negli anni 1552 – 1568.
La navata centrale si caratterizza per la campitura blu della volta, impreziosita da decorazioni fitomorfe dal gusto tardo barocco e cartigli con testi biblici dei Salmi e del libro di Giobbe inerenti alla speranza nella risurrezione e nella vita eterna. Il pavimento della navata centrale è composto da pregevoli mattonelle maiolicate del XVII secolo e “mattonata a quatrelli o lunghi” provenienti dalla fornace di Gravina realizzata nel 1773 (ADG III W S. Croce 104-1733, c. 175r).

Altari e Crocifisso del XVI secolo

Poco lontano dalla balaustra in legno dell’altare centrale, si può ammirare un prezioso Crocifisso ligneo databile tra il XV e il XVI secolo, spostato vent’anni fa dall’edicola sopra l’altare. La suggestiva scultura è caratterizzata da una anatomia naturalistica e dettagliata, lasciando presupporre le abili qualità artistiche dell’autore. La scultura riporta delle note stilistico-formali d’importazione come l’uso di capelli veri frammisti a crine di cavallo per indicare la natura umana e divina di Cristo che morendo sulla croce e risorgendo ci ha meritato di poter risorgere al termine della storia.
Ai lati dell’altare centrale sono collocate le statue in pietra di san Domenico e sant’ Antonio Abate. Sui due pilastri laterali dell’altare due altorilievi a mezzobusto e aggettati verso l’esterno, sovrastanti il
cenotafio di mons. Agostino Cassandra (vescovo negli anni 1614 – 1623, il cui corpo venne traslato a Castelfidardo, sua città natale, nel 1777)) ed il sepolcro di mons. Arcangelo Baldini (vescovo negli anni
1626 – 1629).
Sull’altare di destra, consacrato nel 1714, era presente una tela de “l’Assunta”, libero rifacimento di note opere guariniane, conservata attualmente presso la sacrestia della Cattedrale.
Sull’altare di sinistra vi era al centro un dipinto su tela di S. Michele Arcangelo, anch’esso oggi fruibile presso la sacrestia della Cattedrale, mentre ai lati sono presenti due statue in carta pesta dell’Angelo
custode e dell’arcangelo Raffaele.
Chiesa aperta al culto fino al 1962.

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